PARMENIDE E IL PENSIERO DELL'ESSERE

IL POEMA DI PARMENIDE 
Parmenide è considerato il filosofo dell'unità e della stabilità.
Egli è vissuto a Elea, attuale Velia, antica colonia greca sulla costa della Campania. 
Parmenide è cresciuto in un ambiente aristocratico. 
Ha scritto "Sulla natura" (poema in versi), di cui abbiamo il proemio e delle parti dedicate alla verità e all'opinione.
L'opera è scritta in esametri, nella Grecia antica la distinzione tra prosa filosofica e poesia non era così marcata.
Nell'opera si riflette l'aspirazione a una sapienza sacrale e di ascendenza sacerdotale, in diretta polemica con i nuovi saperi tecnici e con il progressivo espandersi dell'influenza politica dei ceti democratici. 
Nel proemio Parmenide immagina di essere trasportato da un carro trainato dalle Muse alle porte del Sole e di ricevere da una dea la rivelazione sulla verità che dovrà comunicare al mondo. 

Sebbene la cornice sia di carattere religioso, la materia del messaggio parmenideo e le movenze argomentative del suo discorso sono decisamente filosofiche e razionali.


SOLO L'ESSERE ESISTE E PUÒ ESSERE PENSATO

Il messaggio di Parmenide si riassume in questa affermazione: 

"l'essere è, e non può non essere, mentre il non essere non è, e non può essere" 

Significa che l'essere esiste e che il non essere non esiste e non può neanche essere pensato. La nostra mente e il nostro linguaggio si rapportano solo a qualcosa che c'è (l'essere) e il non essere risulta impensabile e inesprimibile.

È necessario il dire e il pensare che l'essere sia: infatti l'essere è, il nulla non è.

Non mai questo può venir imposto, che le cose che non sono siano: ma tu [o discepolo] da questa via di ricerca allontana il pensiero.


ESSERE = ciò che è comune a tutti gli enti e che esiste nella pienezza assoluta, perfetta, eterna e immobile 

Per Parmenide se una cosa esiste non nasce, non muore, non si muove e non cambia, ma soltanto è.

La prospettiva di Parmenide è contrastante rispetto a quella di Eraclito.

Con Parmenide ha inizio la Tontologia, cioè lo studio dell'essere in quanto essere, nelle sue caratteristiche universali.

Parmenide appartiene alla classe che si opponeva sia all'espansione del ceto democratico sia ai nuovi saperi legati allo sviluppo delle arti meccaniche e tecniche. 

Molti studiosi pensano che il pensiero parmenideo sia la risposta alle inquietudini sociali della città di Elea e agli attacchi che i nuovi ceti popolari portavano al potere consolidato. In pratica l'insistenza di Parmenide sulla stabilità e immutabilità dell'essere contro la trasformazione e l'idea del nulla riconosce una giustificazione sul piano sociale e politico, oltre che logico e filosofico.

Occorre sottolineare, però, che se anche le sue argomentazioni risentono di questa particolare mentalità conservatrice, ostile al cambiamento e all'innovazione, esse poggiano su dimostrazioni logiche estremamente rigorose. Anzi, si può dire che proprio grazie a Parmenide emerge l'attitudine a valutare ogni tesi e a sostenerla con argomenti razionali.

Parmenide intende l'essere come uno, necessario, immobile, finito, omogeneo, eterno, mediante un procedimento logico sottile e avveduto.



LA DEDUZIONE LOGICA DEGLI ATTRIBUTI DELL'ESSERE

Parmenide parte dal presupposto che il mondo non possa derivare dal nulla. 

Se esso derivasse dal nulla sarebbe la fine della realtà e del pensiero perché ciò che deriva dal nulla è destinato a farvi ritorno. 

La filosofia deve escludere il nulla come minaccia più grave.

I caratteri essenziali dell'essere non devono essere in contraddizione con l'affermazione dell'essere come unica realtà esistente e pensabile. 

La preoccupazione del filosofo è quella di non far derivare l'essere dal non essere (nulla).  

Parmenide arriva a queste definizioni:

l'essere è ingenerato e imperituro: l'essere non può né nascere né morire perché se nascesse o morisse dovrebbe derivare da ciò che non è, ma niente può derivare da ciò che non esiste.
l'essere è eterno: esso non ha né passato né futuro, il passato è l'essere che non è più e il futuro è l'essere che non è ancora; se l'essere è "non più" o "non ancora" si coinvolge il non essere. L'essere vive in un sempiterno presente: semplicemente, "è". Parmenide non dà spazio all'"era" e al "sarà".
l'essere è immutabile e immobile: ogni movimento implica una contaminazione tra uno stato A e uno stato B dei corpi, in cui B deve essere differente da A, ma se A è "essere", B dovrà "non essere".
l'essere è finito: la perfezione non è data dall'infinità (= ciò che non è completo), ma dalla finitezza (= completezza, perfezione). Parmenide dice che l'essere è una sfera, perfettamente omogenea e da ogni parte identica a se stessa, in cui tutti i punti urtano in eguale maniera contro i confini che la circoscrivono.

 

UNA VERITÀ DIFFICILE DA ACCETTARE

Nella filosofia vengono introdotti alcuni principi fondamentali grazie all'analisi di Parmenide sulle caratteristiche dell'essere. 

Essi sono:

  1. il principio di identità: A=A: l'essere è ed è identico a se stesso;
  2. il principio di non contraddizione: l'essere è, dunque non può non essere;
  3. il principio del terzo escluso: ogni cosa o è, o non è (una terza posizione è esclusa categoricamente).
Parmenide presenta la sua tesi (un essere concepito come una grande sfera, immobile, eterna) come una difficile verità che in pochi possono condividere con lui (la schiera dei fedeli discepoli).

Secondo il filosofo le due visioni della realtà; quella della ragione che attinge l'essere unico e imperituro e quella dei sensi, che si fermano al mutevole e al provvisorio sono ritenute inconciliabili.



ZENONE E I PARADOSSI LOGICI

Zenone di Elea --> 489 a.C.

Egli è un discepolo di Parmenide, chiunque si discostasse dall'insegnamento del maestro sarebbe caduto in una serie di contraddizioni logiche.


Parmenide sosteneva due tesi:

  1. l'essere è uno;
  2. l'essere è immutabile.

Zenone contraddiva chi affermava: 

  1. la pluralità dell'essere e delle cose (i pitagorici);
  2. il movimento (Eraclito e gli eraclitei).

Tutti i suoi argomenti si riconducono a quest'affermazione: 

se si ammette che la realtà è mutevole e molteplice, si cade nell'assurdo

Zenone ammette in via ipotetica la tesi dell'avversario al fine di mostrarne tutte le conseguenze oltre l'opinione comune (paradossali).



LA CONFUTAZIONE DELLE TESI SUL MOVIMENTO

Considerando il celebre argomento zenoniano (il paradosso) di "Achille dal piede veloce", adoperato per confutare le tesi a favore del movimento.

Il velocissimo Achille impegnato in una competizione con una tartaruga, non sarà mai in grado di raggiungere il lento animale, nel caso in cui questo abbia un minimo vantaggio su di lui. Mentre Achille avrà raggiunto il punto di partenza della tartaruga, questa avrà compiuto un altro breve tratto, così Achille dovrà raggiungere il nuovo punto in cui si trova la tartaruga, ma nel frattempo la tartaruga si sarà spostata e avrà compiuto un altro nuovo tratto di cammino; e così via, all'infinito, senza alcuna possibilità che Achille possa raggiungere l'avversaria.

Tale argomentazione si basa sul presupposto dell'infinita divisibilità dello spazio, cioè assume l'ipotesi che lo spazio sia realmente e fisicamente divisibile in infinite parti. 

È chiaro che un corpo in movimento (Achille) non arriverà mai alla sua meta, dovendo percorrere infiniti spazi. 

Aristotele dice che lo spazio fisico reale è sempre finito e sempre divisibile in porzioni definite, mentre l'infinità è solo una possibilità teorica, un concetto della ragione, un ente matematico. 

In una situazione concreta come quella della gara, Achille raggiungerà la tartaruga perché lo spazio che li divide è reale e perciò finito.

Aristotele considerava Zenone come l'«inventore della dialettica», ossia della forma più antica di ragionamento.


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